a cura di Valentina Boscolo
Esitono persone destinate ad esistenze lineari e nel contempo felici, ma ne esistono anche altre predestinate a grandi imprese che cambieranno la storia dell'umanità, non senza incontrare ostacoli. Helen Adams Keller appartiene senza ombra di dubbio a quest'ultima categoria.
Nata a Tuscumbia in Alabama (U.S.A.) nel 1880, figlia una famiglia agiata, a diciannove mesi si ammala di quella che oggi potrebbe definirsi meningite e ciò la porterà ad essere sordocieca per il resto della vita. Helen però è una bimba dall'intelligenza vivida e fremente e da subito escogiterà dei modi tutti suoi per rendersi autonoma e decodificare il mondo circostante.
Nella sua autobiografia, “Il silenzio delle conchiglie” (edizioni E/O, 2014), con una scrittura ricca e fortemente evocativa, Helen in prima persona ci conduce nel suo mondo che è anche il nostro, tuttavia è come se lo vedessimo per la prima volta con occhi nuovi. La scrittrice e attivista sordocieca ci insegnerà la bellezza del tatto e dell'olfatto nel descrivere la natura che la circonda, lo farà con una commovente maestria tale che ci sembrerà di odorare le rose del suo stesso giardino od accarezzare i suoi amati cavalli in prima persona. L'infanzia di Helen trascorre nell'amore ovattato della sua famiglia e degli amici, che riescono a comunicare con lei a tentativi, almeno fino ai sei anni. In quel periodo la bimba, com'è fisiologico che sia, aveva una vera fame di scoprire il mondo intorno e soprattutto avvertiva l'esigenza di esternare le sue sensazioni, non riuscendovi cadde in frequenti crisi che gli adorati genitori non sapevano come placare.
Fu in questo contesto che arrivò, Mrs. Anne Sullivan, che diverrà la sua istitutrice, amica, sorella e più grande sostegno per circa cinquant'anni. Grazie ai metodi amorevoli ed innovativi di Mrs. Sullivan, anch'ella parzialmente cieca, Helen inizierà a comunicare con gli altri grazie ad un ricco linguaggio simbolico che consisteva nel compitare le parole, nel palmo della mano dell'interlocutore. La bambina inizierà ad apprendere con una voracità disarmante e poco dopo inizierà a leggere e scrivere in braille, ed infine riuscirà a parlare in modo assolutamente comprensibile, pur non udendo.
Queste tappe importanti, sono avvenute grazie agli sforzi enormi compiuti da Helen Keller e da Mrs. Sullivan, sua instancabile ombra, tanto da permetterle di frequentare una scuola per sodociechi, la Perkins a Boston ed infine laurearsi a pieni voti in arte a soli ventiquattro anni. E' l'inizio della sua carriera di scrittrice e attivista politica per i diritti dei lavoratori, che la porterà a girare il mondo in lungo ed in largo con la sua fidata Anne Sullivan. Il rapporto totalizzante e morboso tra le due non impedirà all'insegnante di sposarsi e portare Helen con sé, salvo poi divorziare. Per Helen invece, vivere il suo amore per un giovane coetaneo rimarrà sempre un miraggio ostacolata strenuamente dalla madre e da Mrs. Sullivan stessa.
Ciò che personalmente mi ha stregata dell'autobiografia della Keller, è l'assoluta normalità nell'affrontare gli ostacoli che la vita le poneva davanti, vivendoli come un'opportunità di crescita e ricchezza. Al giorno d'oggi tutto ciò è auspicabile, ma non dimentichiamoci che Helen è una donna del suo tempo con un handicap veramente importante da gestire. Indubbia importanza sicuramente hanno avuto le sue possibilità economiche, ma a mio avviso ancor più ne ha avuta il suo spirito che mai si è abbattuto di fronte all'indomita voglia di spiccare il volo ed addentare il mondo.
Nonostante Helen vivesse in un mondo composto dall'istitutrice, i suoi genitori e alcuni letterati e uomini di fede, non si è mai sentita emarginata e diversa. Ha sempre saputo celebrare il dono della sua vita nonostante le privazioni che essa portava con sé, sfruttandole e facendone motivo di felicità e successo. Nemmeno l'amore osteggiato ha saputo abbattere la sua ferrea volontà di vivere e gridare che ci sono infiniti modi per “vedere” e sentire il ”mondo”.
Helen è vissuta serenamente fino a ottantasette anni. Morì il nel 1968 a Westport, Connecticut.